21.11.2024
La terza lezione Ugo la Malfa tenuta dal Presidente Antonio Patuelli
Il Presidente della Cassa di Ravenna e dell’Associazione Bancaria Italiana (Abi) Antonio Patuelli ha tenuto questa mattina a Roma, nell’Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati, la terza Lezione Ugo La Malfa. Le lezioni si svolgono con cadenza annuale e sono tenute da importanti personalità delle istituzioni, dell’economia e della cultura: le precedenti sono state tenute da Mario Draghi, dal Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e dal Presidente della Consob Paolo Savona. Questo il testo integrale della lezione Ugo La Malfa tenuta oggi dal Presidente Patuelli.
Roma, 21 novembre 2024
Lectio Ugo La Malfa
Sono consapevole dell’onore e della responsabilità attribuitemi dovendo intervenire dopo le Lezioni degli scorsi anni di Mario Draghi, Ignazio Visco e Paolo Savona.
Parlare alla Camera dei Deputati impone di essere consapevoli che in questa fondamentale Istituzione è nata la nuova Italia, con la pienezza della rappresentatività dell’Assemblea Costituente che ha fissato innanzitutto gli inderogabili principi fondamentali della Repubblica.
La nuova Italia costituzionale ha innovato profondamente e recuperato il meglio del costituzionalismo risorgimentale della Repubblica Romana e del Parlamento di Torino attorno al quale si realizzò l’unità d’Italia.
Ringrazio la Fondazione Ugo La Malfa per l’alto onore che mi ha conferito.
Sono fondamentali e attualissimi gli ampi orizzonti europei ed internazionali e l’intransigenza morale per le libertà e la democrazia costituzionale di uomini come Ugo La Malfa, che l’avevano appresa soprattutto da Luigi Einaudi, Benedetto Croce e Giovanni Amendola, e dall’esperienza economica e bancaria con Raffale Mattioli che portarono La Malfa anche alla lotta clandestina per la libertà e suoi colleghi di banca, come Antonello Gerbi e Giovanni Malagodi, all’esilio.
Ricordando Mattioli nel 1975, Ugo La Malfa affermò che, negli anni Trenta, nell’Ufficio studi della Banca Commerciale “noi ritornammo a prendere contatto con le dottrine e la prassi economica dei grandi paesi di civiltà democratica ….. scoprimmo le nuove teorie dello sviluppo e le nuove impostazioni della politica del credito”.
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In pochi decenni il mondo è cambiato come mai in millenni.
La radio e la televisione prima, i satelliti, internet e l’intelligenza artificiale oggi, e domani altre inimmaginabili sempre più nuove tecnologie cambiano e cambieranno profondamente e progressivamente gli orizzonti umani.
Lo Stato nazionale, conquista di secoli scorsi, non è da rinnegare, ma non è più sufficiente a tutelare e garantire in pieno doveri e diritti di tutti e di ciascuno.
I satelliti, internet e l’intelligenza artificiale necessitano di molto di più di leggi nazionali che servono per necessità ed orizzonti più limitati.
Tecnologie, sostenibilità e tutele dei diritti debbono crescere parallelamente, così come sono prioritari la vigilanza e l’impegno continuo per la sicurezza in ogni tecnologia.
Vi deve essere equilibrio fra innovazioni tecnologiche, sviluppo complessivamente sostenibile e garanzie, con regole e controlli che evitino il disordine e gli abusi diffusi in internet.
Occorre sempre ragionare al plurale, perché i cambiamenti sono continui.
In assenza di una vera Istituzione mondiale pienamente efficace per emanare e far rispettare regole globali, la dimensione europea è quella minima per realizzare e concorrere a sviluppare regole rispettose dei principi di libertà e di sostenibilità anche per le realtà immateriali sempre più decisive.
Senza la dimensione e le indispensabili convergenze europee, le nuovissime tecnologie sarebbero al tempo stesso grandi potenzialità di globalizzazione e strumenti di egemonia, abuso e violazione di diritti fondamentali di libertà.
In nome di un nuovo umanesimo digitale, occorre costituzionalizzare e far prevalere le regole del diritto anche negli ambiti aperti dalle tecnologie che debbono essere sottoposte e non estranee e tantomeno sovrapposte al diritto.
Le nuovissime tecnologie disarticolano i legami tradizionali della società civile, trasformano rapidamente le democrazie libere, ma rimane sempre valida la “profezia” di Tocqueville che, nella “Democrazia in America”, indicò la vitalità dell’associazionismo libero e dei corpi intermedi, non solo organismi di rappresentanza sociale, come linfa essenziale per le democrazie.
Le tecnologie servono anche per rendere meno lontane le periferie, per collegare anche le più piccole località e fornire nuove possibilità di vita e di lavoro alle zone che da tempo si stanno purtroppo spopolando.
Occorre essere più lungimiranti di quanto possano evidenziare i sondaggi demoscopici ed usare il metodo della ragione e lo spirito critico costruttivo per ottenere al tempo stesso più efficienza e più garanzie.
Quando Goethe intraprese il suo memorabile viaggio in Italia, non si limitava a parlare con le persone, ma saliva su campanili e torri per avere più ampi orizzonti.
Noi, come Goethe, dobbiamo avere forti relazioni umane e orizzonti lungimiranti per non essere impreparati al futuro che avanza molto più velocemente.
Chi lavora in banca può e deve dare un contributo costruttivo, poiché le banche debbono sempre correre per essere interlocutori aperti e innovativi verso le novità, ora sempre più diversificate, verso le esigenze di famiglie e imprese e le aspettative legittime delle Istituzioni.
L’orizzonte europeo non deve schiacciare le diversità territoriali, ma promuovere più elevati e diffusi livelli di benessere e di civiltà, evitando di produrre e subire egemonie esterne e interne.
L’Unione Europea rappresenta oggi parzialmente la realizzazione dei sogni di chi aveva subìto le infinite sofferenze delle due guerre mondiali: occorre mantenere viva la memoria storica per evitare il ripetersi delle più tragiche esperienze del passato.
Non basta criticare i limiti della UE, ma occorre promuoverne costruttivamente il superamento con nuove sintesi.
L’esperienza della Brexit scoraggia altre uscite dalla UE.
La conclusa Legislatura del Parlamento e della Commissione europea ha dovuto affrontare crisi drammatiche come la pandemia, contro la quale ha reagito tempestivamente sul piano sanitario e per la ripresa dello sviluppo e dell’occupazione.
Anche senza emergenze di tal genere, ora l’Unione europea deve continuare a crescere qualitativamente per il progresso economico, sociale e civile di tutte le popolazioni a cominciare dalle aree meno sviluppate che rappresentano una grande speranza, come il Mezzogiorno d’Italia, dove si notano sintomi di ripresa dell’economia e dell’efficienza anche nelle Istituzioni, come nella Giustizia civile.
Il Mezzogiorno d’Italia e il Mediterraneo rappresentano aree decisive, quanto mai strategiche per la stabilità, la pace e la crescita della prosperità.
Pur avendo un Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, l’Unione europea non è ancora pienamente soggetto istituzionale internazionalmente efficacemente rappresentativo nella politica estera che è ancora prevalentemente competenza nazionale. Questo ora è un limite che l’Europa subisce difronte alle principali potenze internazionali: USA, Cina e Russia.
La UE è soprattutto un grande mercato unico, pur con molti limiti, più che un soggetto istituzionale pienamente rappresentativo sul piano internazionale, mentre ora le gravissime crisi russo-ucraina e nel Medio Oriente necessitano di un ruolo più incisivo della UE per spingere verso processi di pace indispensabili innanzitutto per ragioni umanitarie, che favorirebbero anche un nuovo clima di fiducia internazionale, decisivo in economia.
E’ indispensabile porre nuovi obiettivi ambiziosi per rivitalizzare il sogno europeo di pace, sviluppo e prosperità per tutti, di crescita delle opportunità, di progresso nelle libertà e nella giustizia anche sociale.
Il sogno europeo è ben diverso da scenari protezionistici e nazionalisti.
Ha ragione il Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta ad affermare che “la libertà di commerciare beni e servizi, di investire attraverso le frontiere e condividere conoscenze e idee” sono “pre-requisiti per assicurare la prosperità e pace”.
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La principale cooperazione rafforzata nella UE è quella dell’Euro, un’esperienza positiva dopo le complesse fasi di assestamento.
L’Euro ha difeso dall’inflazione meglio di quanto abbiano fatto in precedenza monete nazionali come la Lira italiana.
Sulla libera circolazione di merci, denari e sulla moneta unica si basano l’Euro e l’Unione bancaria che sono fra loro fortemente connessi: la più innovativa è la libera circolazione delle persone, senza visti e controlli alle frontiere non più esistenti all’interno della UE.
Occorre ora una verifica di un decennio di funzionamento di Unione bancaria, dal novembre 2014, senza privilegi, né discriminazioni per alcuno.
L’esperienza di questi anni non permette di mummificare, ma costringe ad analizzare scientificamente le ragioni dei successi, i limiti e le cause del non completamento e degli insuccessi che ci sono stati.
Le banche, portatrici di interessi generali, sono il tessuto connettivo e propulsivo dei risparmiatori, di famiglie e imprese, sotto la Vigilanza della BCE e delle Banche Centrali.
Occorre guardare avanti non limitandosi a ripetere noiosamente e acriticamente gli obiettivi originali: necessita valutarli distintamente con spirito critico costruttivo.
Indubbiamente è mancato il “terzo pilastro” con la garanzia unica per i depositanti, oggi realizzata dei nazionali fondi interbancari di tutela dei depositi.
E’ mancata e manca il consenso strategico e politico nella UE per realizzare il “terzo pilastro”, ma questa assenza di convergenze in Europa non deve paralizzare la crescita dell’Unione bancaria che, per svilupparsi, può e deve scegliere altre vie più percorribili.
Innanzitutto è indispensabile un Testo unico, un “Codice” europeo di diritto bancario, finanziario e penale dell’economia, oggi più che mai necessario per il migliore funzionamento delle banche, per l’effettivo sviluppo del mercato unico bancario di cui la BCE è il garante indipendente e refrattario ad ogni rischio di interferenza politica di Stati e Governi.
Sono anacronistiche e pericolose le differenze fiscali fra Stati membri della UE ed ancor più dell’area Euro e dell’Unione bancaria, perché non garantiscono l’uguaglianza dei punti di partenza per le imprese e per la raccolta e l’allocazione del risparmio nella competizione del mercato unico dove il rischio di liquidità è rilevante. E’, infatti, in atto una divaricante concorrenza fiscale fra gli Stati membri, dove quelli meno indebitati necessitano di minore pressione fiscale ed attirano investimenti e giovani culturalmente qualificati.
Senza l’armonizzazione anche fiscale europea, la UE rischia di diventare sempre più terreno di concorrenza economica fra Stati, con possibilità di indebolimento di quelli appesantiti da più gravosi debiti pubblici.
Complessivamente positiva è l’esperienza della BCE di cui tutti debbono rispettare sempre l’indipendenza statuita dal Trattato che tutela la BCE e l’intero Sistema Europeo delle Banche Centrali.
Per la parte monetaria, occorre promuovere l’ampliamento delle competenze dalla BCE attribuendole tutte quelle proprie delle Banche Centrali, non più limitandole alla indispensabile lotta all’inflazione.
I servizi di pagamento sono sempre più tecnologici e in concorrenza fra loro e con costi sempre minori per gli utenti.
L’Euro digitale è una nuova sfida inevitabile per rafforzare la legalità e la sovranità finanziaria europea.
L’euro digitale sarà la terza specie dell’Euro, la terza forma di contante dopo quelle metalliche e cartacee: trattandosi della forma tecnologica dell’unica valuta Euro, essa dovrà sottostare a tutte le esistenti regole di antiriciclaggio e dovrà rappresentare l’alternativa tecnologica legale alle pseudo-valute che troppo spesso nascondono abusi.
La Vigilanza unica sulle Banche ha realizzato importanti progressi: occorre essa non ecceda in sovrapposizioni fra normative e “aspettative di Vigilanza” e non appesantisca troppo i costi che gravano sulle banche.
E’ indispensabile che le regole bancarie internazionali cosiddette “di Basilea” vengano applicate senza disparità nelle diverse aree contraenti gli accordi, senza privilegi che minerebbero la credibilità e la stabilità bancaria internazionale.
Il completamento dell’Unione bancaria è anche indispensabile per non complicare la crescita di gruppi bancari europei di dimensioni internazionali competitive, indispensabili per sostenere anche le più grandi imprese europee.
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Nel rispetto delle regole, le diversità dei modelli bancari sono elementi positivi per la concorrenza, per le libere e responsabili scelte di imprese e famiglie e per favorire l’indispensabile competitività dell’economia europea.
Le banche rappresentano l’unico comparto economico dove sono tutte in competizione fra loro nel mercato unico europeo: l’uguaglianza delle regole è una pre-condizione per una concorrenza senza privilegi e penalizzazioni.
La solidità patrimoniale anche prospettica delle banche è un elemento decisivo per la competizione non solo bancaria e finanziaria, ma anche delle imprese e dei territori nei quali sono insediate.
La redditività delle banche è innanzitutto una testimonianza del loro stato di salute, è una necessità per contribuire continuamente ai necessari rafforzamenti patrimoniali e agli investimenti innanzitutto nelle sempre più nuove tecnologie e per fronteggiare i molteplici rischi anche prospettici non solo di deterioramento dei crediti, ma sempre più anche internazionali di ogni genere che si ripercuotono nell’economia globalizzata.
La redditività delle banche è rapportata anche al rischio assunto dagli azionisti ed ha forti ricadute sui territori innanzitutto per le sensibilità sociali proprie (evidentissime innanzitutto quando sospendono le rate dei mutui in occasione di calamità naturali) e di azionisti come le Fondazioni di origine bancaria.
Logici e molto utili sono gli incentivi fiscali alla patrimonializzazione delle imprese di ogni genere: molto utile sarebbe l’IRES premiale per tutte le imprese che reinvestano parti significative degli utili.
La solidità patrimoniale è premessa di investimenti, sviluppo e occupazione.
Sono sempre validissimi i principi etici ed economici della Costituzione della Repubblica che, all’articolo 41, prescrive che “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” e che all’articolo 47 dispone che “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme….”.
Quindi va meglio tutelato il risparmio, decisivo fattore di competitività, e favorito lo stabile azionariato popolare, anche riducendo le tasse per gli investimenti non speculativi e più stabili dei risparmiatori.
Mai deve essere dimenticato anche l’articolo 53 della Costituzione che prescrive che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
La “capacità contributiva” è concetto costituzionalmente cardine per un’equa tassazione che non può imporre gravami fiscali indipendentemente dalla capacità produttiva e reddituale.
Le banche sono gli organismi economici più vigilati in assoluto, innanzitutto da Autorità indipendenti: ogni loro decisione strategica è sottoposta a regole e controlli spesso anche preventivi che spingono le banche verso forti solidità patrimoniali, indispensabili per affrontare tutti i rischi e per sostenere gli investimenti e le attività di imprese e famiglie.
L’entità ottimale dei profitti non è stabilita né dalla Costituzione della Repubblica, né dai Trattati europei per nessun tipo di impresa o di individui: i livelli di tassazione e tutte le regole del mercato debbono essere preventivi, generali ed astratti, non possono essere retroattivi e inseguire gli eventi, portando incertezza nel diritto e nella progettualità delle imprese.
Le banche sono i soggetti più complessi nell’economia di mercato, rappresentano le connessioni più diverse fra tutti vari fattori economici: proprio per queste elevatissime complessità, esse necessitano di Organi di Vigilanza indipendenti, di stabilità e certezza anche prospettica del diritto.
Il mercato unico europeo, l’Unione bancaria e l’Unione del mercato dei capitali necessitano di regole uniformi per evitare privilegi e penalizzazioni nella responsabile competizione di mercato che non può essere frenata o alterata da singoli Stati membri.
Prima ed oltre alle norme uniformi per tutti gli europei, deve esserci sempre un’alta sensibilità etica per un’economia sociale di mercato, com’è ben definita dalla Costituzione della Repubblica.
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Da quando esiste l’Euro si è allontanata la memoria storica degli alti tassi d’interesse in Italia con la Lira che, quando vi erano emergenze belliche anche distanti o di natura energetica, subiva, anche nella seconda metà del Novecento, fortissimi sbalzi fino ad avere tassi ufficiali del 19%, multipli rispetto anche alle punte massime avute con l’Euro.
L’Euro ha finora garantito crescite molto più limitate dei tassi anche nelle fasi più critiche, meglio tutelando dall’inflazione salari, stipendi e risparmi.
La BCE, nel 2022, difronte alla crescita dell’inflazione dovuta anche alle conseguenze della guerra russo-ucraina e alla crescita dei prezzi dell’energia, ha alzato i tassi dopo e in misura minore rispetto a quanto disposto dagli USA, dalla Gran Bretagna e da gran parte dei paesi europei non euro.
Quest’anno la BCE ha iniziato a ridurre i tassi prima di quanto avvenuto negli USA e nel Regno Unito, garantendo sempre tassi più bassi.
Il mercato europeo e le banche, fin dal novembre 2023, hanno anticipato ed anticipano tuttora le riduzioni dei tassi, offrendo a imprese e famiglie condizioni di accesso al credito più convenienti.
Vi sono anche normative di Stato per favorire gli investimenti.
Insomma, sussistono condizioni favorevoli agli investimenti che necessitano anche di un indispensabile clima di fiducia, di prospettive di certezza del diritto e di stabilità finanziaria.
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E’ il grande debito pubblico dell’Italia la palla al piede allo sviluppo e alla maggiore solidarietà sociale: l’Euro, da un ventennio, garantisce tassi più bassi e oneri più limitati per il debito pubblico che non può e non deve crescere all’infinito.
Il nuovo Patto di stabilità europeo deve essere applicato innanzitutto favorendo lo sviluppo.
Prim’ancora di essere una necessità determinata dalle nuove regole europee, la riduzione del debito pubblico è innanzitutto un’esigenza inderogabile per l’Italia di oggi e di domani.
Occorre ridurre il debito pubblico italiano anche in cifra assoluta, sulla quale si pagano gli interessi, e non solo in percentuale rispetto al PIL, che è soprattutto un indicatore prospettico di sostenibilità.
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Fallaci erano le teorie degli anni Novanta del Novecento che sostenevano la “fine della Storia”: la Storia progredisce, la ricerca scientifica e le tecnologie favoriscono l’allungamento della speranza di vita e condizioni più sostenibili di lavoro.
L’ottimismo della volontà e dell’impegno civile e sociale è un obbligo morale, non sottovalutando le nuove sfide che queste trasformazioni impongono e che debbono essere affrontate con lungimiranza.
Guido Carli, Governatore della Banca d’Italia, ha scritto nelle sue memorie che “grazie a uomini come De Gasperi, Einaudi, Merzagora, La Malfa, Menichella, Malagodi, l’Italia non imboccò” la strada del peronismo dopo la Liberazione “riuscendo a diventare così uno dei maggiori Paesi industriali del mondo”.
Ora la lotta al cambiamento climatico, la sostenibilità e lo sviluppo non debbono frenarsi a vicenda, ma realizzare circuiti virtuosi sempre basati sulla libertà, la responsabilità, la legalità, per la crescita economica, morale, civile e sociale.
E’ innanzitutto indispensabile una vera Costituzione europea che definisca la natura degli Stati Uniti d’Europa: la somma dei Trattati vigenti non configura con semplicità una nuova democrazia libera che non può basarsi solo sulla frammentarietà delle tante norme dei Trattati europei.
La rapida crescita dimensionale della UE negli ultimi trent’anni costringe a definire un nuovo costituzionalismo europeo che ne garantisca meglio il funzionamento e la tutela dei doveri e dei diritti di ciascuno.
Benedetto Croce (prestigioso interlocutore di Raffaele Mattioli), nella conclusione della sua Storia d’Europa nel secolo decimonono, indica come il sogno europeo potrà meglio concretizzarsi: Croce scrive che con l’unità d’Italia “un napoletano dell’antico regno o un piemontese del regno subalpino si fecero italiani non rinnegando l’essere loro anteriore ma innalzandolo e risolvendolo in quel nuovo essere, così e francesi e tedeschi e italiani e tutti gli altri s’innalzeranno a europei e i loro pensieri indirizzeranno all’Europa e i loro cuori batteranno per lei come prima per le patrie più piccole, non dimenticate già, ma meglio amate”.
Antonio Patuelli