08.07.2015

ASSEMBLEA ABI: LA RELAZIONE DEL PRESIDENTE ANTONIO PATUELLI

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Signor Ministro, Signor Governatore, Autorità, Signori Associati, Signori e Signore

a settant’anni dalla Liberazione e dalla rinascita dell’ABI come Associazione libera, le banche in Italia sospingono la ripresa.

Riaffermiamo con forte convinzione gli ideali di libertà e i principi etici che furono alla base della Liberazione, della ricostruzione morale, materiale e poi del “miracolo economico”.

Settant’anni fa, il Presidente  del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) era proprio un dirigente bancario, Alfredo Pizzoni, protagonista della raccolta di finanziamenti perla Resistenzasia dagli Alleati e dal Governo dell’Italia liberata, sia da banche comela Commercialee il Credito Italiano. Il tutto con l’interessamento del Governatore della Banca d’Italia Luigi Einaudi che autorizzò l’emissione di vaglia della Banca d’Italia antedatati e muniti di firme valevoli prima dell’armistizio del settembre ’43 e, quindi, spendibili perla Resistenzaanche nel nord Italia occupato dalla dittatura e dai nazisti.

Siamo legati agli ideali di Stefano Siglienti, rifondatore dell’ABI, e di banchieri come Pizzoni che scrisse che “per tradizione l’uomo di banca è e deve essere accorto, calcolatore, prudente nell’assumere rischi e alieno dall’avventurarsi in una impresa disperata che all’inizio appariva votata a un completo insuccesso”, ma quella volta “si trovò chi, animato da semplice e fortissimo amore di patria…..non indietreggiò  davanti a rischi e pericoli inumani, ma aiutato da una esigua schiera di uomini d’affari.....ha portato a buon fine un’impresa che onora il nostro buon nome di italiani e di banchieri italiani nel mondo”.

Le banche in Italia sono legate a quei valori e impegnate per la ripresa dopo questa crisi, la peggiore dal dopoguerra, che, come ha scritto il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, “non è solo conseguenza della crisi finanziaria del 2007-08, aggravatasi con le tensioni sui debiti sovrani degli ultimi anni. E’ il risultato di un forte e diffuso indebolimento della capacità del nostro paese di crescere e competere…….La crescente e rapida integrazione dei mercati mondiali, l’emergere prepotente di nuovi attori nell’economia globale hanno colto l’Italia impreparata ad affrontare una situazione altamente competitiva. La specializzazione del nostro paese in produzioni tradizionali ci ha fatto sentire prima e più dei nostri maggiori partner la pressione concorrenziale di quelli che un tempo definivamo paesi emergenti”.

Da qualche mese percepiamo in Italia un’aria nuova e più costruttiva, dovuta alla convergenza delle iniziative delle Istituzioni per la ripresa, degli sforzi delle categorie economiche e di fattori esterni, ora prevalentemente positivi, come la svalutazione dell’Euro sul Dollaro e sul Franco svizzero, il calo del prezzo del petrolio ed i tassi più bassi della storia d’Italia.  

Anche i “numeri bancari” evidenziano elementi di ripresa: il complesso dei prestiti a famiglie e imprese che nel 2007, prima della crisi, ammontava a 1.279 miliardi, ora è di 1.403.

Nei primi cinque mesi di quest’anno i nuovi mutui crescono del 64% rispetto ai primi cinque mesi di un anno fa, mentre il credito al consumo aumenta dell’11% e i nuovi prestiti alle imprese crescono dell’11,6%, sempre rispetto al pari periodo dello scorso anno.

Esprimiamo il massimo impegno per la ripresa, pur con i sempre più stringenti vincoli normativi europei.

E’ di grande rilievo il ruolo della Banca Centrale Europea e del Sistema Europeo delle Banche Centrali, fra cui autorevolmentela Bancad’Italia, nel favorire la ripresa anche con gli acquisti massicci e continui di titoli del debito pubblico che hanno fatto superare la crisi dei debiti sovrani e hanno immesso liquidità.

Viviamo con entusiasmo l’Expo a Milano e attendiamo con emozione morale (e consapevolezza anche per le ricadute economiche) il Giubileo straordinario.

Questo 2015 deve essere l’anno della svolta e l’inizio di una decisa ripresa.

Se non ora, quando?

 

L’UNIONE BANCARIA EUROPEA

Di fronte a questa nuova fase occorre fare un primissimo bilancio dell’Unione bancaria europea, nata il 4 novembre scorso, che rappresenta una risposta alla crisi e una indubbia rivoluzione nel mondo bancario.

In coerenza con gli ideali dei protagonisti della Liberazione e della ricostruzione, siamo stati e siamo europeisti convinti, ma non ottusi.

Questa Europa non ci piace, non è quella che abbiamo sognato e vogliamo.

Oggi l’Europa è come una bicicletta con pedali squilibrati, come un’aquila bicipite in cui una testa (quella monetarista) spinge per lo sviluppo, mentre l’altra crea troppe regole, sempre più stringenti per il capitale delle banche, anche con annunci continui di sempre altre misure che riducono la disponibilità di credito all’economia. Le due strategie sono fra loro in forte contraddizione e ciò realizza il continuo terremoto normativo e la mancanza di certezza delle regole bancarie prospettiche, il che complica la ripresa.

Talune proposte renderebbero ancor più rigido il mercato creditizio. Ridurrebbero fortemente i prestiti le ipotesi di aumentare gli assorbimenti patrimoniali per i finanziamenti alle imprese e di portare i coefficienti patrimoniali a soglie addirittura superiori al 20% per le banche sistemiche, così come l’ipotesi di rendere ancor più stringenti i criteri per considerare deteriorato un credito. Anche la proposta di inserire un assorbimento patrimoniale per le banche di fronte all’acquisto di titoli di Stato europei, porta a ridurre i prestiti a imprese e famiglie e gli investimenti in titoli di Stato.

Queste ulteriori misure prevedono un approccio matematico automatico nelle valutazioni che ridurrebbe gli spazi per le scelte responsabili d’impresa.

Ma in un mondo globalizzato le crisi non si superano tentando di chiudersi in un antistorico neo nazionalismo.

E’ importante che l’Unione Europea, dopo la lunga fase di incertezze nata prima della crisi, abbia intrapreso una nuova fase costruttiva con l’Unione bancaria europea ela Vigilanzaunica che, però, non possono essere variabili indipendenti, con norme nazionali fortemente diverse, con addirittura differenti sistemi di calcolo degli interessi, con calmieri disomogenei sui prezzi e sui tassi.

L’Unione bancaria subisce incompletezze e scompensi che non sono sopportabili a lungo.

Il Governatore della Banca d’Italia ha di recente affermato che “le regole europee sull’attività bancaria sono state riviste a più riprese, con ritmi serrati e scadenze ravvicinate per la loro attuazione negli ordinamenti nazionali” e che “l’arricchimento e la diversificazione delle fonti di finanziamento sono necessari in un contesto in cui le riforme regolamentari attuate in risposta alla crisi finanziaria chiedono alle banche di operare con una leva finanziaria più contenuta; nella transizione al nuovo regime l’innalzamento dei requisiti patrimoniali e di liquidità tende a frenare la crescita dei prestiti”.

Occorre, quindi, urgentemente completare il disegno di rilancio europeo con l’approvazione di Testi Unici Europei con identiche norme bancarie, finanziarie, di diritto penale dell’economia, di diritto fallimentare e con una maggiore omogeneità fiscale, senza le quali le contraddizioni sono evidenti.

Solo su basi normative completamente identiche, l’Unione bancaria ela Vigilanzaunica europea potranno avere pieno successo.

Questo è il primo banco di prova della capacità dell’Europa di favorire la ripresa, dopo le positive iniziative monetarie della BCE.

Occorre superare al più presto una fase europea caratterizzata dalle troppe e poco coordinate nuove fonti del diritto che si sovrappongono alle vecchie nazionali.

Condividiamo il progetto della Commissione europea per la creazione dell’ “Unione dei mercati dei capitali” che deve avere come presupposto una ben più ampia omogeneità normativa europea.

Occorre chiarezza e certezza del diritto, anche prospettica, con semplificazioni della legislazione, per permettere alle imprese bancarie di programmare le loro strategie senza continue e stravolgenti sorprese.

Necessita una fase europea nuova, con stabilità di regole identiche per tutti, senza privilegi e discriminazioni, superando in modo omogeneo ed equilibrato anche le discrezionalità nazionali.

Non poniamo questioni che riguardano soltanto le banche, ma le imprese tutte, i lavoratori e complessivamente l’economia italiana.

Vi è una strettissima connessione fra banche, imprese, lavoratori e famiglie che insieme subiscono le conseguenze anche delle spesso poco lungimiranti disposizioni europee.

Proprio con queste consapevolezze, occorre anche permettere una adeguata redditività alle imprese bancarie italiane per favorire progressivi ed ordinari rafforzamenti patrimoniali e giusti ritorni per risparmiatori e investitori.

Non dobbiamo sottovalutare i limiti anche storici del capitalismo italiano che culminano nella prevalente scarsezza di capitali, con conseguente sottocapitalizzazione delle imprese. Ma non possono essere le banche a realizzare la ristrutturazione del sistema industriale, a cominciare dalle piccole e piccolissime imprese.

Condividiamo l’indirizzo strategico per una maggiore solidità patrimoniale di banche e imprese, ma ciò non può essere imposto in tempi strettissimi e con modalità troppo rigide.

La trasformazione del capitalismo italiano è un processo di ampio rilievo che non può essere improvvisato, né frettolosamente imposto da sempre continue regole burocratiche europee che, il più delle volte, si aggiungono alle vecchie italiane. 

Gli strappi che le banche potrebbero subire con l’imposizione di ancor più stringenti regole, che comportassero la necessità di sempre maggiori capitali, produrrebbero una concatenazione di altri strappi in Italia dove, fino a vent’anni fa, vi era una tradizione di capitalismo, anche bancario, prevalentemente pubblico che è stato velocemente privatizzato e poi ha subito gli effetti di sette anni di crisi, affrontata dalle banche in Italia solo con risorse proprie.

La rincorsa a sempre maggiori ed incerte soglie patrimoniali non deve essere infinita.

In Europa necessita più indirizzo strategico e più coerenza di misure che debbono essere prevalentemente orientate allo sviluppo.

E’ una questione decisiva per tutta l’economia produttiva italiana: senza regole identiche, certe e stabili, si sperimenta in modo contraddittorio l’Unione bancaria europea.

Continuiamo ad essere europeisti, ma chiediamo che l’Europa disinneschi pratiche burocratiche che ne contraddicono l’identità e la strategia originaria, favorendo soltanto la conflittualità eccessiva fra economie nazionali che, invece, debbono maggiormente integrarsi con una crescita che non accentui gli scompensi.

L’economia italiana deve avere il tempo per crescere e per correggere limiti che vengono da molto lontano: il capitalismo non si improvvisa.

L’Europa non deve essere matrigna, ma favorire quel processo federativo voluto dalle libere nazioni dopo la seconda guerra mondiale e rilanciato dopo il 1989.

Le trasformazioni profonde dei mondi produttivi nazionali e delle stesse forme di capitalismo non si improvvisano surrettiziamente tramite norme burocratiche rigide, ma con incoraggiamenti in positivo che favoriscano il cogliere di nuove opportunità.

La questione che poniamo con forza è :”Quale Europa”?  Avendo ben chiaro che scartiamo le fallaci ipotesi di ritorno ad un nazionalismo inconcepibile con la globalizzazione e con le libertà favorite dalle nuove tecnologie.

In tal senso apprezziamo il recentissimo documento europeo dei “cinque Presidenti” per “Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa”: questo importante documento esprime indirizzi nella direzione che da mesi andiamo auspicando. Ora i tempi urgono e chiediamo agli organi dell’Unione Europea la sollecita concretizzazione di questi indirizzi.

Al tempo stesso apprezziamo gli sforzi del Governo e della Banca d’Italia nei vari organi d’Europa per rendere identiche tutte le regole di funzionamento dell’Unione economica, bancaria e finanziaria europea.

 

LE INFRASTRUTTURE DEL MERCATO UNICO EUROPEO

L’integrazione del mercato europeo implica anche il superamento delle residue barriere alla libera circolazione dei pagamenti.

Si è completata con successo la migrazione all’Area Unica Europea dei Pagamenti (SEPA): le banche italiane vi hanno positivamente contribuito anche con il servizio SEDA, per garantire alle imprese il massimo di efficienza nei sistemi di pagamento.

Valutiamo positivamente la nuova piattaforma per le transazioni in titoli (T2S), promossa dalla BCE.

L’ABI è impegnata anche per le nuove potenzialità dei servizi di pagamento in mobilità, in logica europea.

 

LE BANCHE PER L’ITALIA

In quest’anno, anche con gli “esami” e gli stress test della BCE, le banche in Italia hanno vissuto costruttivamente, seppure in tempi strettissimi, la rivoluzione bancaria che è venuta dalle diverse fonti del diritto europeo e da una forte spinta italiana al cambiamento.

Le banche italiane, più di ogni altro comparto economico, stanno sviluppando profondi cambiamenti, innanzitutto con forti e diffusi rafforzamenti patrimoniali, con giganteschi accantonamenti a fronte dei costi della crisi che le banche sopportano senza aiuti pubblici e sempre con proprie risorse, anche attraverso Fondi interbancari di tutela dei depositi che hanno realizzato importanti e positive innovazioni.

La “rivoluzione” bancaria italiana sta producendo anche forti mutamenti negli assetti societari e proprietari, con un dinamismo che non notiamo in altre parti d’Europa dove, invece, prima del 4 novembre, ci sono stati forti aiuti di Stato o comunque pubblici. 

Apprezziamo il ruolo lungimirante della Banca d’Italia e l’impegno del Governo di trovare nuovi strumenti per favorire lo smaltimento della massa dei crediti deteriorati.

Le sofferenze che erano cresciute a 108 miliardi nel 2011, sono ancora aumentate a 125 miliardi nel 2012, a 156 nel 2013 e a 184 nel 2014 e a oltre 191 ad aprile 2015.

Apprezziamo ciò che questo Governo sta facendo anche recuperando, per quanto possibile, le inerzie di anni precedenti che hanno visto una “caccia alle streghe” contro le Banche in Italia e, invece, aiuti pubblici alle Banche di altre parti anche della stessa Europa.   

Apprezziamo, quindi, il decreto legge, che il Governo ha approvato nelle scorse settimane, che modernizza il diritto fallimentare, in particolare per il recupero dei crediti, e realizza l’omogeneizzazione del trattamento fiscale delle perdite sui crediti ai tempi europei.

La preconcetta “caccia alle streghe” antibancaria in Italia si è indebolita di fronte a dati di verità come quelli di Eurostat sugli “aiuti di Stato alle banche” che hanno evidenziato il record a favore di quelle tedesche e hanno collocato in coda quelle italiane che non hanno ricevuto nemmeno un Euro a fondo perduto, ma solo quattro miliardi in prestito a tassi elevatissimi di circa il 10%, restituiti completamente.

Ma la “rivoluzione bancaria” deve preludere ad una nuova fase di stabilità, basata sulla certezza e l’omogeneità del diritto europeo, per dispiegarne gli effetti positivi e le rinnovate identità delle banche a cui, in questi mesi, è stato chiesto l’impegno straordinario e contemporaneo di rafforzare il capitale, trovare nuova redditività, depurare i crediti dubbi, assumere nuovi rischi in una fase ancora di crisi, procedere a importanti innovazioni societarie, aumentare ulteriormente la trasparenza e la concorrenza ad ogni livello.                 

Anche nel numero, le banche italiane hanno realizzato fortissimi cambiamenti: nel 1927 erano 4.337. Nel 1936 si erano forzatamente ridotte della metà a 2.070. Nel 1990, anno della legge Amato e vigilia del TUB del 1993, le banche in Italia erano 1.156 di cui 715 di Credito Cooperativo. Il numero delle banche in Italia (eccettuate le filiali di banche estere) si è progressivamente ridotto per processi di libero mercato fino alle attuali 584, di cui 376 di Credito Cooperativo: ma delle 208 Banche non BCC,                                        molte fanno parte di Gruppi bancari, per cui ora in Italia vi sono 134 Gruppi bancari e banche indipendenti, nonché il mondo delle BCC che fra loro fanno “sistema”.

Ma negli altri paesi europei quante sono ora le Banche?

Sempre escludendo le filiali di banche estere, in Germania vi sono ben 1.734 banche e579 inFrancia.

Comunque è il mercato, con regole europee identiche, che deve selezionare le migliori banche.

           

LE RELAZIONI INDUSTRIALI

L’anno che abbiamo trascorso è stato molto impegnativo anche nelle relazioni industriali bancarie. Il lungo e complesso dibattito sul Contratto nazionale è stato condizionato da sette anni di crisi, dalle forti trasformazioni anche tecnologiche, dalle crisi bancarie affrontate e risolte in Italia sempre con risorse private, dalla necessità di operare per la ripresa.

Quello che è stato raggiunto è risultato il massimo possibile degli obiettivi per la riorganizzazione e il rilancio del mondo bancario italiano, anche con sensibilità sociali a cominciare dai giovani che iniziano a lavorare in banca.

Il “preambolo” del nuovo Contratto rappresenta un’analisi nitida delle problematiche esistenti che non sono sottostimate e delle convergenze per la ripresa.

Di fronte alla complessa vicenda del nuovo Contratto, l’ABI, con forte e continua collegialità interna, è stata molto compatta e convergente e i Sindacati hanno colto la costruttività di ABI.

Ringraziamo Alessandro Profumo, che dall’estate scorsa ha guidato il Comitato Affari Sindacali e del Lavoro, la Delegazione,la Direzionee la struttura di ABI che hanno operato con acume ed equilibrio. E diamo volentieri atto ai Sindacati degli sforzi costruttivi e convergenti fatti in particolare nel momento decisivo e conclusivo.

Ora il mondo bancario italiano è ancor più pronto nell’affrontare le nuove sfide di innovazione per soddisfare al meglio le più diverse e sempre nuove richieste di imprese e famiglie e per sospingere al massimo la ripresa dello sviluppo, cercando anche di cogliere in positivo le potenzialità insite nel nuovo diritto del lavoro per nuove assunzioni a tempo indeterminato che favoriscono anche nuovi mutui.

Ora, più coeso, il mondo bancario può e deve tutelare ancor meglio la dignità  e l’orgoglio delle banche in Italia e di chi vi lavora.

 

GLI ACCORDI A SOSTEGNO DI FAMIGLIE E IMPRESE

Sono state continue ed intense le sensibilità sociali e istituzionali dell’ABI di fronte alle tante importanti innovazioni legislative, con la costruttiva partecipazione ed elaborazione di accordi per fondi di garanzia per l’acquisto della prima casa, per nuove e rinnovate moratorie sui prestiti per famiglie e imprese, come ha ben riconosciuto il Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, per accordi con le associazioni delle imprese per “il Credito 2015” e con le associazioni dei consumatori,  con convenzioni e protocolli concordati innanzitutto col Governo per favorire l’accelerazioni dei pagamenti delle Pubbliche Amministrazioni, per la scelta di anticipare l’incasso del Trattamento di fine rapporto, per rendere immediatamente efficace la sottoscrizione di mutui da parte dei nuovi assunti col Job Act, nel confronto per l’elaborazione dei decreti attuativi della delega fiscale, per favorire il varo del prestito ipotecario vitalizio e con vari accordi conla CassaDepositie Prestiti.

 

IL RISPETTO DELLA LEGALITA’

L’ABI ha e avrà sempre più iniziative per innalzare il rispetto della legalità. La legalità, e in essa la correttezza e trasparenza fiscale, sono principi etici, prim’ancora che giuridici, presupposti indispensabili e inderogabili per la valutazione del merito creditizio e per l’operatività bancaria che deve tenere nel massimo conto anche di positive innovazioni come il rating di legalità.

Quando l’economia è strettamente connessa con la morale e il diritto, si costruiscono equilibri armonici anche nelle relazioni sociali; altrimenti nascono contraddizioni.

Apprezziamo le nuove sensibilità istituzionali di lotta alla corruzione e di dialogo fiscale che sono indispensabili per una rinnovata consapevolezza dei doveri e dei diritti.

Ad alti principi etici di legalità, alla cultura delle regole e della responsabilità si sono ispirate le importanti modifiche che, all’unanimità, in autunno abbiamo inserito nello Statuto dell’ABI e che rappresentano i più avanzati presidi etici che sussistono nell’associazionismo italiano.

Constatiamo con soddisfazione che nessuna delle Banche italiane è stata condannata da autorità internazionali o estere per manomissioni di indici o cambi.

 

L’ABI IN EUROPA E IN ITALIA

Anche nel modo di lavorare, l’ABI, in quest’anno, è molto cambiata, con un’ottica e una presenza anche sempre più europea, con il nuovo ufficio a Francoforte, il rafforzamento delle attività a Bruxelles, i maggiori continui contatti con tutte le Autorità e con l’associazionismo bancario europeo, l’intensa collaborazione nella Federazione delle Banche, Assicurazioni e della Finanza e con la continua partecipazione alle missioni governative all’estero.

Abbiamo rafforzato ulteriormente la collegialità interna come metodo di intenso lavoro e abbiamo realizzato il confronto diretto e collegiale anche con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, il Governatore della Banca d’Italia, il Presidente della Commissione Economica del Parlamento Europeo e il Comandante Generale della Guardia di Finanza. Continueremo su questa via.

Il rafforzato prestigio delle banche in Italia deriva anche dall’intensa attività culturale dell’ABI, delle banche e di importanti studiosi.

Questo è stato l’anno di eventi importanti come il completamento dell’inventario delle carte di Raffaele Mattioli e di biografie e scritti su banchieri come Enrico Cuccia, Paolo Baffi e i Folonari che permettono di esprimere un più complessivo giudizio sul ruolo delle banche in Italia.

Ringraziamo vivamente il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, nel settantesimo della rinascita dell’ABI, pochi giorni fa, ha onorato l’intitolazione a Stefano Siglienti della nuova Biblioteca dell’ABI, specializzata in editoria bancaria.

Ugualmente forte è l’impegno dell’ABI e delle banche, anche in collaborazione con le associazioni dei consumatori e con prestigiosi organismi come l’Accademia della Crusca, per un linguaggio semplice e diretto e per un forte impulso per l’educazione finanziaria e al risparmio che è uno degli elementi fondamentali della stessa educazione civica e civile e della trasparenza dei rapporti bancari. Perciò abbiamo costituito una Fondazione che è aperta a contributi e partecipazioni anche di esterni al mondo bancario e finanziario.

L’educazione finanziaria è ancor più indispensabile oggi dopo il recepimento in Italia delle nuove norme europee per salvare le banche eventualmente in crisi senza ricorrere ad aiuti di Stato che sono intervenuti in altre parti d’Europa, ma non in Italia.

Deve, infatti, essere sviluppata una capillare, continua, equilibrata e completa informazione da parte delle banche, in parallelo con le competenti Autorità di vigilanza, per rendere sempre più consapevoli i risparmiatori dell’importanza della scelta non solo dei singoli prodotti bancari, ma anche sulla solidità degli organismi finanziari e bancari stessi.

Insomma, gli investimenti bancari e finanziari necessitano della medesima diligenza che viene prestata per l’acquisto della casa: le Banche, in parallelo con le Autorità, devono favorire la pienezza di consapevolezze e di conoscenze per le scelte di investimenti e di allocazione dei depositi stessi.

Consideriamo importante il Disegno di Legge del Governo per la riforma del sistema di istruzione e formazione e per il “potenziamento delle conoscenze e delle competenze in materia giuridica ed economico-finanziaria e di educazione all’autoimprenditorialità”.

Innovativo è l’impegno dell’ABI per la formazione continua degli amministratori delle banche.

Il forte impegno per l’istruzione e la cultura, per la sempre più piena consapevolezza e lo spirito critico, per la conoscenza sempre più diffusa e per la comunicazione aperta, per la creatività e per le innovazioni, sono tratti fondamentali dell’ABI per una società più responsabile, più libera e più giusta.

Operiamo per dare all’ABI la lungimiranza strategica, culturale e programmatica, l’autorevolezza e il prestigio delle sue stagioni migliori.

                          ***

Va colto il senso profondo dell’evoluzione europea culminata con la moneta comune e con l’Unione bancaria: non si tratta di elementi episodici, ma di scelte fondamentali per la costruzione del nuovo federalismo degli Stati Uniti d’Europa.

Anche in Nord America non fu facile la crescita e l’assestamento degli Stati Uniti.

In Europa, la moneta unica e l’Unione bancaria debbono essere passi decisivi verso il completamento costituzionale di un’Europa federata nella volontà di vivere e crescere insieme, senza dividersi e configgere nemmeno in guerre economiche o finanziarie.

Le rinunce a coniare le storiche monete nazionali hanno rappresentato scelte epocali per un’Europa senza egemonie, che corregga i limiti di ciascuno, alla ricerca di un pluralismo convergente e coeso.

Le egemonie, anche di fatto, sono incompatibili con il disegno europeo, così come le abitudini amministrative non solide, né trasparenti.

L’abolizione del diritto di battere moneta per gli Stati dell’Euro è il più importante passo verso il federalismo realizzato nell’Unione europea.

Il superamento del vecchio nazionalismo monetario concretizza i sogni di tanti italiani, nel Novecento innanzitutto di De Gasperi e di Einaudi che nel dopoguerra scrisse che “se la federazione europea toglierà ai singoli Stati federati la possibilità di far fronte alle opere pubbliche col far gemere il torchio dei biglietti, e li costringerà a provvedere unicamente con le imposte e con prestiti volontari, avrà, per ciò solo, compiuto opera grande. Opera di democrazia sana ed efficace, perché i governanti degli Stati federati non potranno più ingannare i popoli col miraggio di opere compiute senza costo, grazie al miracolismo dei biglietti, ma dovranno, per ottenere consenso a nuove imposte o credito per nuovi prestiti, dimostrare di rendere servigi effettivi ai cittadini”.

Insomma, la via del nuovo federalismo europeo è imboccata, ma occorre completarla, altrimenti il rischio è di rimanere in mezzo al guado di un grande processo incompiuto.

La lunga e grave crisi greca deve far riflettere più approfonditamente l’Europa sulle cause profonde e sui rimedi strutturali da adottare al più presto e non in tempi lunghi. Infatti, la crisi non è stata e non è soltanto economica, ma del modo stesso di essere dell’Unione Europea.

Insomma, con la crisi greca sono maggiormente venute al pettine le contraddizioni e i limiti di un’Europa cresciuta con l’assoluta prevalenza delle strutture e delle regole economiche su quelle istituzionali e costituzionali ancora gracili. Così, in carenza di un federalismo costituzionale europeo, sono cresciute ed esplose le tensioni soprattutto fra alcuni Stati, con ottiche rivolte principalmente alla ricerca o conferma del consenso nazionale a breve, con conflitti che, oltre che economici, hanno, di fatto, una rilevantissima matrice geo politica internazionale che l’Europa deve risolvere cogliendo dalla crisi greca proprio la spinta per la crescita degli assetti istituzionali dell’Unione Europea, con una vera Costituzione europea che definisca doveri e diritti ed eviti conflitti economici di alto rilievo politico.

Quindi occorre cambiare metodo, realizzare un salto di qualità dell’Europa per evitare la crescita di conflitti fra Stati e la rinascita di nazionalismi dirompenti e somiglianti ai cattivi modelli sudamericani.  

Dalla metà del guado occorre muoversi velocemente per completare la nuova Europa federale che altrimenti rischierebbe di non arrivare al successo e di essere inserita nelle contraddizioni di nefasti tentativi di ritorno alla sponda di partenza, al nazionalismo antistorico e nostalgico.

Il mondo bancario è quello che in Europa ha fatto più passi avanti che vanno completati al più presto.

Se l’Unione bancaria europea sarà rapidamente e decisamente completata, ne trarranno vantaggio complessivamente le economie produttive e l’Europa avrà completato un processo storico di integrazione economica che andrà compiuto con una vera Costituzione per l’Europa.

Se, invece, malauguratamente, l’Unione bancaria rimanesse a lungo incompleta, ne verrebbero compromesse non solo le potenzialità di sviluppo economico e produttivo, ma l’Europa entrerebbe in una crisi senza precedenti, drammatica, che deve essere evitata con lungimiranza e con uno sforzo comune straordinario al quale l’Italia risulta ben preparata. 

Le banche in Italia sospingono e vogliono essere protagoniste di una non effimera ripresa, con la convinta, nitida, lungimirante e orgogliosa determinazione a collaborare a costruire una economia di mercato più robusta e competitiva che deve avere come presupposto l’intensa integrazione fra attività bancarie, etica e sviluppo.

Le banche in Italia oggi rivendicano e richiamano gli esempi di chi, nelle banche di ogni specie, nei periodi più difficili, si è mosso con alti ideali, rigore e spirito di sacrificio in Patria, nella Resistenza ed in Esilio, per combattere le conseguenze dei nazionalismi e per costruire una società aperta, dinamica e competitiva di cui l’Unione bancaria europea è oggi la sfida più ambiziosa che deve essere vinta in nome degli ideali originari della ricostruzione dell’Europa, dopo le sciagure dei nazionalismi, delle dittature e delle guerre.

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